Lavori su parti di proprietà esclusiva: nel concetto di danno deve essere ricondotta anche la lesione del decoro

2020/8/10

L’art. 1122 del codice civile recita: “ Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell'edificio”.


L’esempio più banale è quello del condominio che ristrutturando il proprio appartamento non può eliminare dei pilastri o parti di muri portanti per ampliare gli spazi a propria disposizione.


Una simile operazione, a parte, evidentemente, i divieti imposti dalla normativa edilizia, andrebbe a scontrarsi con la facoltà per il condominio (e per ogni singolo condomino) di agire giudizialmente con un’azione per danno temuto (art. 1171 c.c.) al fine di vedere bloccati interventi potenzialmente lesivi per la stabilità dell’edificio.


In tal senso quindi nel concetto di danno di qui parla la norma va certamente ricompreso il pregiudizio di carattere materiale che l’edificio potrebbe subire.


Ci si è spesso domandati se nella nozione di danno possa essere riconducibile anche l’alterazione del decoro architettonico dell’edificio. Per completezza è utile ricordare che con il concetto di decoro architettonico " deve intendersi l'estetica del fabbricato data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identita’" (Cass. 851 del 2007).


In poche parole: il condominio potrebbe bloccare o, eventualmente, a lavori effettuati richiedere la rimozione dell’opera alterativa dell’estetica dello stabile? La risposta della giurisprudenza di merito e di legittimità è positiva.


In particolare riprende e ribadisce questo filone interpretativo una recente sentenza resa dal Tribunale di Catanzaro in data 18 gennaio 2011.


In quell’occasione, l’ufficio giudiziario del capoluogo calabrese ha avuto modo di affermare che “ in tema di condominio, devono considerarsi vietate, ai sensi dell'art. 1122 c.c., le opere realizzate dal condomino nella proprietà esclusiva che comportino una lesione del decoro architettonico dell'edificio, non trovando al riguardo applicazione la norma dettata dall'art. 1120 c.c. in tema di innovazioni delle parti comuni (Cass. n. 2743/05, che ha ritenuto illegittima la costruzione di tettoie che - pur essendo state realizzate nella proprietà esclusiva del condomino - comportavano un danno estetico alla facciata dell'edificio condominiale).


In sostanza, l'art. 1122 c.c. vieta di compiere, nel piano o nelle porzioni di piano di proprietà esclusiva, opere che possano danneggiare le parti comuni dell'edificio e non già opere che consistano nella semplice destinazione della proprietà esclusiva ad un uso piuttosto che ad un altro, a meno che esse non comportino un peggioramento del decoro architettonico dell'edificio e delle sue condizioni di sicurezza (Cass. n. 5612/01).


L'inclusione del pregiudizio di ordine estetico discende dal principio più generale per cui la nozione di "danno" rilevante per l'applicabilità dell'articolo in commento si riferisce non soltanto a quello materiale, che incide cioè fisicamente sulla cosa comune, ma anche a quello funzionale, che invece colpisce, menomandole, le utilità che possono ricavarsi dai beni comuni (si cfr. Cass. n. 12491/07; Cass. n. 18214/04)” (Trib. Catanzaro 18 gennaio 2011).


Resterà onere del condominio dimostrare che l’opera posta in essere dal singolo condomino è lesiva del decoro dell’edificio. Il consenso unanime da parte di tutti i condomini all’esecuzione dell’intervento vanifica la possibilità di chiederne la rimozione se lo stesso rimane nei limiti concordati.

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